Mi guardo attorno, non sono più nel mio ufficio, non sono neanche nell’edificio, sono in un campo all’aperto. Mi inginocchio, mi ripiego su me stesso, vorrei piangere, chiudo gli occhi perché spero di svegliarmi da quest’incubo. Il vento però continua a soffiare, fischiettando motivi anomali tra gli arbusti, il prato secco e le pietre. «Libero dal giogo della morte, al di sopra del ricatto della vita, il vero padrone di sé stesso, il genuino contenuto dell’universo, eccolo lì che piange come un bambino» La voce di lei, la voce di lui nelle cuffie che sto ancora indossando, all’unisono intonano queste lodi beffarde e blasfeme.
Tolgo le cuffie e le scaravento su una roccia li vicino mandandole in pezzi. Aydìa, come se niente fosse, prosegue col vaneggiamento. «Alza lo sguardo, il sole è sopra di te, incombe superbo e bugiardo sulle tue disgrazie senza fine, senza inizio, eterne. Viene e va il falso paladino della nascita, ti trova sempre lì senza nulla di nuovo da osservare, ancora. Oggi però la stella nana è testimone di una inconsueta manifestazione del niente. Certo, questo è un libro, certo, questa è una storia, certo, questo è inchiostro, certo, questa è carta, certo, questa è benzina, certo, questa non è una pipa, certo, questa è una citazione. Tutto questo è vecchio, nulla è nuovo. Infatti per te non sarà una rivincita, solo una stramba replica della tua sconfitta, sconfitta inconsueta però»
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NNSS
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